Come scegliamo fonti di informazioni e opinioni attendibili per farci un'idea della realtà in cui viviamo? I media di cui ci serviamo ogni giorno sono davvero adeguati a dar conto di come stanno le cose? Quelli di gran lunga più utilizzati non sono affatto progettati per offrire una rappresentazione fedele della realtà, ma per catturare il nostro tempo e la nostra attenzione in modo da monitorare comportamenti, raccogliere dati e costruire un efficiente sistema propagandistico, economico e politico, favorendo la polarizzazione, dissuadendo dall'impegno, frenando le aggregazioni che potrebbero alimentare contropoteri. In una mediasfera di questo tipo, governata da poche centrali di potere, appiattita su pregiudizi, inquinata da violenza e paura, è difficile pensare bene. Ma questo non vuole essere l'ennesimo libro sul panorama dei media nel xxi secolo. E neppure un saggio di filosofia del pensiero. È un'esplorazione del futuro possibile, un contributo a un ipotetico movimento culturale per un'ecologia della conoscenza in un ambiente mediatico a dir poco controverso. Perché non si pensa bene se si è informati male. Lo sviluppo dell'attuale forma di economia digitale, realizzato con una strategia di innovazioni disattenta alla qualità delle relazioni, ha generato esiti culturali evidentemente negativi, dei quali è tempo che la società si faccia carico, ripensando il sistema dei media in modo da renderlo compatibile con gli obiettivi democratici, ponendo fine al senso di ineluttabilità diffuso.