L'abusivismo edilizio ha assunto nel secondo Novecento i lineamenti di un fenomeno di urbanizzazione dotato di elevata aggressività territoriale, determinando situazioni di particolare urgenza in termini ambientali, di rischio e di crisi dei modelli di welfare.
Nel Mezzogiorno - dove la frattura tra pianificazione e deregolamentazione si fa territorio -, l'abusivismo rivela l'urgenza di una nuova grammatica del progetto che sia in grado di elaborare un linguaggio resiliente, adattativo, flessibile, orientato alla coesistenza, che punti alle risorse fisiche e umane già disponibili, da riattivare e
rigenerare, secondo un disegno di riassetto generale. Perciò l'abusivismo è qui affrontato nelle sue molteplici relazioni e ricadute in riferimento ad aspetti cruciali come appunto il territorio e l'informale, con uno studio del caso esemplificativo della Regione Campania.
Il concetto di informalità diviene cioè dispositivo di lettura e d'azione, in rapporto alle varie possibilità che l'indeterminatezza delle
sue configurazioni consente, suggerendo articolazioni temporali e
occupazioni spaziali sensibili, in grado di adattarsi alle variegate
e differenziate realtà socio-territoriali, ma anche di far emergere e
produrre paesaggio, oltre l'abuso.