La concelebrazione dello stesso Sacrificio eucaristico da parte di diversi sacerdoti fu introdotta dal Vaticano II come eccezione per situazioni particolari, ad esempio per incontri con un numero stragrande di sacerdoti e per il Giovedì Santo. Nel frattempo la concelebrazione è diventata una prassi molto diffusa che porta con sé spesso una pressione sui sacerdoti di rinunciare alla celebrazione individuale. La diminuzione delle Sante Messe porta anche ad una possibilità minore dei fedeli di partecipare al Sacrificio eucaristico. La diffusione oltre misura della concelebrazione è avvenuta senza l'approfondimento dottrinale sistematico che avrebbe dovuto accompagnare la riforma liturgica. Già nella fase preparatoria del Concilio, l'arcivescovo francese Paul-Pierre Philippe OP (nominato poi nel 1967 segretario del S. Ufficio e Cardinale nel 1973), aveva osservato criticamente: «Il frutto oggettivo del Sacrificio della Messa, i.e., dell'espiazione e della supplica per i vivi e per i morti, è il frutto principale che in una Messa concelebrata non esiste allo stesso modo che in varie Messe celebrate da vari sacerdoti. Se l'uso della concelebrazione si diffonderà con maggiore frequenza, c'è da temere che l'autentica dottrina sarà oscurata sicché i fedeli non si cureranno più del fatto che molte Messe siano celebrate per i vivi e per i morti».
Questo libro presenta in una maniera sintetica la discussione dogmatica sulla concelebrazione dal Vaticano II al presente, tenendo conto anche dello sviluppo storico e delle discussioni precedenti. In particolare si tratta dei frutti sacramentali della celebrazione: c'è una differenza tra la Santa Messa concelebrata da un sacerdote e quella celebrata individualmente? Poi c'è anche la domanda: C'è differenza tra un sacerdote che concelebra e uno che partecipa alla celebrazione eucaristica allo stesso modo dei laici?