La scomparsa di un padre, una bambina che lo attende. La speranza di un ritorno che si trasforma nel tempo in qualcos'altro, un'indagine ideale che si muove lungo le rive di un lago e gli spazi del non detto. Una sparizione che non trova giustificazioni se non nella misura della distanza tra i membri di una famiglia che, come tante, è andata in pezzi. Una vita a metà, ambigua e bivalente come quella degli anfibi, capaci di procedere verso la terraferma pur restando indissolubilmente legati all'acqua che li ha generati. L'estate delle rane arriva a seminare falsi ricordi, a stravolgere l'esistenza di madre e figlia. Allora cercare un uomo diviene cercare un senso, nel tentativo disperato di colmare l'assenza per raggiungere la fase adulta attraverso una metamorfosi dolorosa e irrinunciabile. In "Vita degli anfibi", Piero Balzoni padroneggia abilmente, grazie a uno stile candido ma al tempo stesso feroce, la tematica della memoria. Restituisce lacerti di ricordi che scavano voragini nell'intrecciato temporale della protagonista e restano impressi lungo il solco di un impietoso enigma.
Proposto da Paolo Di Paolo al Premio Strega 2023 con la seguente motivazione:
«Come ogni autentico scrittore sa, un romanzo si gioca tutto sulla voce. Quella che prende possesso della pagina in Vita degli anfibi di Piero Balzoni non è solo persuasiva e avvolgente, ma è anche portatrice di una speciale intelligenza narrativa. È insieme la voce di una bambina, di una ragazza, di una donna; condensa tempi diversi di una stessa vita (come d'altra parte è per una voce umana reale) facendo avvertire lo scarto fra l'uno e l'altro, come un'intermittenza o un singhiozzo. Questa voce racconta un'assenza, la interroga, la analizza: un padre che all'improvviso scompare, si sottrae, e non lascia traccia. La figlia cresce in una orfanezza che suppone e pretende che sia transitoria: insistendo a cercare indizi, segni, nei giornali e dappertutto. Aspetta, e in quell'attesa il tempo passa, e produce memoria. La vera sostanza di queste pagine, e di ogni impresa letteraria. Il paesaggio lacustre interviene, parla, ma con una sua lingua indecifrabile. È affascinante come Balzoni - per via di stile - riesca a impedire al suo stesso romanzo di farsi risoluzione di un enigma. Perché la posta in gioco è più alta, e più emozionante; la sfida è raccontare in modo inusuale come si cresce, o si comincia a invecchiare, nell'epoca prolungata di una perdita, nell'essere e restare senza qualcuno. Monchi, spezzati. La verità non riguarda solo i personaggi: rimanda ai lettori la sensazione di essersi visti allo specchio - nell'attendere (futuro o già in corso) chi non può tornare. E misteriosamente, quasi inspiegabilmente, seguitando a vivere.»